Racconto in-credibile di un Ivan poco terribile (quarta parte)

 

Perche' Russia?


Se bastasse una frase a definire una nazione, penserei alla gente di Russia come a:


"Un popolo dal grande cuore, capace di tanto amore, con una storia di tremendo dolore". Forse, il primo fanciullesco pensiero sulla Russia nacque in me dalla curiosita di conoscere il nome di quel territorio che abbracciava una cosi ampia porzione della carta geografica affissa sulla parete della classe. "Urca", meditavo tra me e me: "che fortunati gli abitanti, con tutto quello spazio a disposizione, chissa' quante cose potranno fare e quanto saranno ricchi! Chissa' come si chiamera' quel paese"….immaginavo un nome evocativo, stile paese delle meraviglie, che avesse un po' della magia tipica dei fantasiosi mondi sognati dai bimbi….."urss"….lo stridio che usci' dalle labbra della maestra interruppe velocemente l'incanto: "mah, forse ho capito male", pensai. Magari la maestra ha il mal di denti e ora mi dira' il vero nome di quel paese ….; visto il prolungato silenzio, presi coraggio e feci la fatidica domanda che nessuno scolaro vorrebbe mai fare (pero' ero troppo curioso): "scusi, signora maestra, non ho sentito bene, puo' ripetere? Stavolta quel nome fu scandito per bene, senza lasciare alcuna ombra di dubbio: U.R.S.S.! Mamma mia, dico, quanto e' complicato! Non potevano trovare qualcosa di piu' semplice?! Non potevano metterci in mezzo qualche altra vocale? A questo punto, la maestra, per evitare di dover spiegare il significato della Rivoluzione Bolscevica a un bambino ancora poco avvezzo di politica, disse che l'altro nome con cui nel passato veniva denominato quel paese era "Russia". Questo secondo nome, Russia, suono' piu' familiare alle mie orecchie, era meno meccanico del primo, ma egualmente curioso: "mah, pensai, come nome, non c'e male..... caspita, debbono proprio essere stati dei gran bei dormiglioni, quelli li, se a causa del loro Russare, si sono meritati tale sopranome!" In effetti, avevo letto da qualche parte che al Nord c'erano notti che duravano 6 mesi….."poveracci, riflettevo, magari andranno in letargo come gli orsi e chissa' quanto saranno affamati e brontoloni al loro risveglio, dopo tanto tempo passato a Russare! Capisco bene che per non essere considerati degli eterni dormiglioni abbiano poi deciso di darsi un nome meno soporifero….pero', certo, potevano sceglierlo meglio quello nuovo…..urssssssss?….mbo', e che e'? …mi pareva il rumore della frenata di una macchina, strano modo di chiamare un paese, evidentemente c'erano tante fabbriche di macchine".

Mai ridere dei bambini, spesso hanno visioni profetiche, mi verrebbe da dire, ripensando alla storia di questa poco fiabesca "bella addormentata nazione russa". Tali ingenue supposizioni possono, comunque, avere un paradossale riscontro storico, se si pensa al quasi millenario SONNO in cui cadde, parafrasando una celebre fiaba, questa "bella nazione addormentata nel bosco". Russando, russando, passarono quasi mille anni, prima che un Principe poco azzurro, di nome Pietro, e all'occasione pure Orco, decise di risvegliare tale nazione dal suo perenne torpore, ma non con la delicatezza che meriterebbe una dolce fanciulla addormentata, bensi' con la brutalita' dell'Orso siberiano che strattona fuori dalla sua tana una remissiva preda. Strano personaggio, sto Pietro. Sognava una citta' di mare, e che male c'era, verrebbe da chiedersi…chi di noi in estate non sogna di andare al mare? Fosse nato nei nostri tempi, semplicemente si sarebbe fatto una vacanza in Grecia o a Cipro come fanno i moderni suoi discendenti; ma a quei tempi, ancora, ahime', il turismo non si sapeva cosa fosse e se uno Zar aveva voglia di andare al mare, erano guai per i proprietari delle spiagge vicine, nella fattispecie gli Svedesi che stavano sul Baltico. E, si. Penso' Pietro, facciamoli sloggiare, mi serve un mare, altrimenti dove sistemo la mia flotta? Mica posso andare con le navi per i campi! Il ragionamento filava. Ecco dunque che iniziarono i guai per gli Svedesi, ai quali, dopo tanto guerreggiare, fu tolta una putrida palude che pero' aveva il pregio di stare a ridosso del mare. Evviva, il sogno d'infanzia del bambino Pietro di avere una flotta a sua disposizione finalmente poteva realizzarsi. Bastava solo prosciugare la palude, costruire la citta', fare il porto, avere le navi, cercare i marinai, trovare gli abitanti e il gioco era fatto. Ah, si. Bisognava pure dare un nome a questa citta'; come chiamarla? Modestamente, riflette' lo Zar, quale miglior nome del mio potrebbe essere adatto? Pietro lui era, e San Pietroburgo il nome fu.

L'effetto scenografico offerto dalla citta' e imponente: le infinite schiere dei palazzi, rispecchiandosi sulle acque degli innumerevoli canali, generano una atmosfera magica e fiabesca, che raggiunge il suo culmine nei mesi primaverili, quando, allo scioglimento dei ghiacci, fa da contraltare uno sfolgorio di luci fatate, caratteristica peculiare delle notti artiche nei particolari periodi dell'anno in cui si ricrea quella magia comunemente denominata, fra le genti dell'artico, aurora boreale; e quando, allo sciogliersi dei ghiacci, i fiumi diventano arterie che trasportano linfa vitale, ecco, questo e' il momento in cui il "gigante dormiente" chiamato Pietroburgo, costruito piu' che dall'uomo per volonta' di un uomo, si risveglia come per incanto dal suo torpore e, quasi avesse stipulato una miracolosa alleanza con cielo, acqua e terra, da' inizio ad un turbinio di colori, luci e suoni d'indicibile bellezza, che paiono frutto di un concerto non solo umano ma naturale: le tonalita' dei palazzi vengono quasi assorbite dai ghiacci che, in movimento, sembrano trasportare l'intera citta' verso una dimensione senza tempo, dominata da mille cromatismi che arrivano sino a un cielo quasi obbligato a dimostrare eguale bellezza in una competizione piu' da citta' degli angeli che da citta terrena. Quasi ci si stupisce di trovare, nella citta', dei comuni mortali affaccendati in vicende quotidiane, piuttosto che i folletti e spiritelli delle tanto decantate saghe nordiche.


Visitando la citta' si cade quasi in preda ad una sindrome da "Gulliver nel paese dei giganti". Edifici, piazze, strade e canali sono di dimensioni colossali, inconsuete, soprattutto per giudizio di chi, vivendo in Italia ed essendo abituato alle cittadine a "dimensione d'uomo", ai vicoletti, alle piazzette paesane, a dover lottare per migliorare ogni metro della terra a disposizione, fa del detto: "piccolo e bello" uno dei motivi ispiratori di una cultura votata, artisticamente parlando, verso uno spiccato gusto per il dettaglio, per la cura del particolare, per il pieno utilizzo degli spazi a disposizione (senso del pieno). In Russia, al contrario, l'enormita' dei luoghi ha forse fatto prevalere una cultura improntata al: "piu' e grande, piu' ti stupisco" (senso del vuoto). Lo stupore e' la norma; troviamo, nel nostro pellegrinare, piazze enormi attraversate da strade larghe 20 metri con viali lunghi 15 chilometri che metterebbero alla prova persino il piu allenato dei Maratoneti, figuriamoci dei "turisti per caso" poco propensi alle scarpinate come noi; inoltre, i Palazzi di San Pietroburgo non sono assimilabili, per dimensione, ai classici palazzi signorili italiani; qui, per Palazzi, sono da intendersi edifici che ospitavano il signore coi suoi diecimila servi, centinaia di cavalli e tanto altro ben di Dio. A noi italiani puo' sembrare che in Russia ci sia uno spreco infinito di spazio e si badi piu' all'effetto scenografico, alle apparenze, piuttosto che ad una reale funzionalita' civica delle opere realizzate. In effetti, tale stupefacente citta' non e' sorta, come generalmente accade nel resto del mondo, per opera di abitanti volenterosi che nel corso dei secoli hanno adattato gli spazi alle loro esigenze, bensi', prima e' stato fatto il contenitore architettonico, poi si e' dovuto cercare il contenuto umano. Sicuramente essa non e' stata pensata su misura per l'uomo comune, quanto per la "casta" privilegiata dei ricconi del tempo, i quali andavano non a piedi, sarebbe stato per loro disdicevole, bensi' in Carrozza. L'altro mezzo di locomozione, oltre ai quadrupedi, alle quatto ruote, ai due piedi e, 80 metri sotto terra, alla fantastica Metropolitana (quella di Mosca -poi- risultera' essere semplicemente strepitosa) si sono rivelati i battelli, i quali, navigando nella fitta rete di canali consentono di raggiungere qualsiasi parte della citta' in breve tempo. Escludendo la carrozza e avendo pieta' per i nostri poveri piedini, ben presto accantonammo l'opzione "Maratoneti per caso" preferendo, per i nostri spostamenti, la meno poetica ma piu' pratica soluzione del mondo: il sempre eterno e immancabile….: "Taxi!".


Cos'altro c'e' da dire?


Ah si. Mi e' sembrato di sentire una barzelletta di Toto' quando ho scoperto di che malattia soffriva uno Zar cosi' megalomane come Pietro il grande: agorofobia, mi pare si chiami, cioe' la paura…udite, udite, degli SPAZI GRANDI! Ma, ditemi voi, si puo'? Questo tizio, che per tutta la vita aveva rotto le scatole con le sue manie di grandezza, cingendosi pure del titolo di Grande e facendo costruire palazzi e strade spropositate, per ironia della sorte era stato condannato, da un destino beffardo, a non poterne pienamente usufruire. In effetti, alcuni degli edifici che destano piu' stupore, sia a San Pietroburgo che a Mosca, sono proprio le case miniaturizzate dello Zar: non nel senso che le usasse come modelli in scala dei Palazzi che stava realizzando, bensi' case nel vero senso del termine in quanto ci abitava realmente e riceveva ambascerie. In effetti, quella piccola casetta vista durante il giro di battello, mi aveva colpito per le sue dimensioni "umane", circondata com'era da palazzoni enormi, facendomi pensare alla residenza di un giardiniere o di qualche inserviente. Immaginatevi lo stupore nell'apprendere che si trattava proprio della residenza abituale dello Zar. Questo, per me, era proprio il colmo! Anche a Mosca, naturalmente, non mi sono voluto perdere l'occasione di entrare in una di queste casette per i nani, una ISBA di legno, ove abitava un colosso umano di 2 metri per 100 Kg; la casa, composta di solo 3 o 4 stanze, era di una incredibile sobrieta', tutta in legno, con una mobilia essenziale e quasi spartana: uno scrittoio, un tavolo, un letto e, incredibile a vedersi, collocati sulla parete facevano bella mostra di se, non gioielli e monili, bensi' una vasta gamma di strumenti di falegnameria, passatempo prediletto per questo strano Zar artigiano, tanto grande da non sembrare neppure umano. Mi domando: se io, che pure non supero 1,70 di altezza, per poter entrare nella Isba mi sono quasi dovuto inchinare ….ma come faceva ad entrarci il proprietario? (che se la facesse costruire addosso?) Misteri di Russia.

Ivano Paolo Todde
Sardegna, 12 agosto 2004


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