LA PIÚ ANTICA REPUBBLICA EUROPEA
Monsignor Grande Novgorod

© 2007 di Aldo C. Marturano

Novgorod oggi sorge a qualche chilometro dalle rive settentrionali del lago Ilmer o Ilmen il cui emissario, il fiume Volhov, proprio dopo essere uscito a breve distanza dal lago stesso passa per la città tagliandola a metà. L’Ilmen ha una forma più o meno triangolare e praticamente fa da impluvio alle acque che scendono, sia come pioggia sia come neve sciolta sia come fiumi immissari, dai declivi delle alture del Valdai situate un po’ più a Sudest.
Le correnti che riempiono il lago sono rispettivamente da sudovest la Scelon’, da sudest la Lovat’ e da nordest la Mstà, oltre naturalmente ad infiniti fiumiciattoli (avvertiamo il lettore che i fiumi in russo sono di solito di genere grammaticale femminile!). La massa d’acqua così convogliata stagionalmente fa variare moltissimo la superficie del lago che da un massimo di 2090 kmq può ridursi talvolta in periodo di magra a soli 733 kmq con tutte le conseguenze nefaste che si possono immaginare!
La zona intorno è naturalmente mutata dai tempi della nostra storia. Il lago Seligher, dal quale (si può dire!) scaturiscono i grandi fiumi russi, ha cambiato di forma, ma la regione è ancor oggi fittamente coperta di boschi con prevalenza di betulle, larici e abeti resinosi e Novgorod si trova giusto al limite settentrionale della zona di coltivazione del frumento e sottolineiamo qui che a questo riguardo adottiamo il punto di vista di un grande storico del XIX sec. Solovjòv, benché variamente contestato (). Questo problema agricolo è importante notarlo poiché fu un motivo penalizzante per l’economia “alimentare” della regione, rispetto alle altre città russe, senza escludere naturalmente che una certa attività agricola comunque ci fu.
Il primo mistero di Novgorod è la data della fondazione e ne riparleremo meglio poco più avanti. Per il momento diciamo che è incerta poiché gli accenni nelle Cronache Russe sono molto ambigui. Ciononostante in via provvisoria la si può collocare intorno al principio del IX sec. d. C., se diamo credito allacosiddetta Chiamata di Rjùrik. Questa chiamata è un’evidente leggenda (avallata da Tatiscev, storico russo del ‘700) contenuta nelle Cronache (), tesa nella sua troppa ingenuità politica ad esaltare la figura del principe che fece stendere le Cronache stesse, Jaroslav il Saggio, nel sec. XII. Qui si racconta che in seguito ai litigi continui fra le genti locali una missione, con gli Slavi in testa, si recò a Gotland intorno alla seconda metà del IX sec. e invitò un certo principe a nome Rjurik a governare le Terre Russe e da lui nacque il primo stato russo e la dinastia regnante rjurikide (). Era l’anno 862 d.C. (anno 6370 dopo la Creazione del Mondo, secondo il computo bizantino accettato dalla Chiesa Russa)… Addirittura c’era una storia pregressa, dicono ancora le Cronache Russe, perché i cosiddetti Variaghi erano già in zona da tempo e razziavano i villaggi del posto per ricavarne roba da commerciare a proprio unico vantaggio (prelevavano un tributo, dicono le Cronache!). Poi i locali si erano ribellati alle loro soperchierie e li avevano ricacciati in mare…
In realtà quest’epoca era un momento di transizione per i traffici nel Mar Baltico da quando dei centri commerciali esistenti, Birka-Björkö in Svezia ormai non contava come prima e Haithabu  in Danimarca dal lato del Mare del Nord in certo qual modo languiva (). Secondo le fonti persiane addirittura c’era stato in questi anni (850 d.C.) sia da parte dei Romani d’Oriente che dei Cazari un blocco al traffico dalle Terre Russe per motivi di sicurezza che poi era stato ritirato (). Per i pirati-mercanti variaghi attraversare queste terre e trafficare passando dal lago Ladoga fino al lago Ilmen era una scelta obbligata non appena i mercati del Sud si riaprirono. L’archeologia intanto ci conferma che i Variaghi avevano (già dal VIII sec.) delle postazioni o approdi sia alla foce del fiume Volhov nel lago Ladoga, sulla riva sinistra, sia sulla riva settentrionale del lago Ilmen, ossia nella cosiddetta Cittadella di Rjurik (Rjurikovo Gorodisc’c’e) praticamente sulla riva destra del detto fiume che mantennero fino al X sec. con caratteristiche chiaramente scandinave ().
Si parla di Variaghi nel Mar Baltico e in Russia e di solito si immaginano, ed è sicuramente giusto, queste persone vissute secoli fa come gente in movimento alla ricerca di un loro modo di vita e tuttavia li si associa erroneamente con i Vichinghi arrivando a identificarli con i Rus’. Si continua a leggere su Internet (ma anche su libri scritti da storici professionisti) etichette e didascalie per i Variaghi come Vichinghi dell’Est e simili () e ciò non ha un fondamento storico.
La Scandinavia, ancora fino al XV sec. più o meno, era considerata un’isola circondata dal Mare Oceano ai Limiti del Mondo secondo le concezioni vigenti degli antichi geografi, Plinio soprattutto, e, a quel che pare, gli Scandinavi, Vichinghi e Variaghi inclusi, erano per natura grandi navigatori. Tuttavia, se venivano dalle coste norvegesi (o danesi), portavano con sé un certo tipo di spirito di avventura, mentre se venivano da quelle svedesi l’impeto era molto minore. Ciò era dovuto al semplice fatto che i norvegesi si trovavano immediatamente nelle acque del Mar del Nord e affrontavano davvero l’ignoto quando un viaggio verso le coste più vicine, la Scozia o l’Irlanda, comportava una navigazione, minimo!, più di una giornata intera con correnti contrarie e tempeste frequenti (). Al contrario, gli svedesi si affacciavano in un mare interno ben conosciuto e frequentato, relativamente calmo e con più brevi distanze da una costa all’altra.
Di qui è chiaro che, semmai i norvegesi avessero voluto addentrarsi nelle Terre Russe, significava dover fare un lungo giro vizioso intorno alle loro coste piene di fiordi fino a Capo Nord e virare poi verso sudest lungo le coste della penisola di Kola. Un’impresa certamente “spaventosa” perché condotta lungo l’Oceano (Atlantico, lo chiamiamo noi oggi) popolato di mostri (il Serpente Oceano!) e che versava le sue acque attraverso vortici mortali (il Mælstrom, ad es., se avete letto Edgar Allan Poe) nell’abisso ()! Lo stesso problema però esisteva anche dal lato svedese col risultato che avventurarsi verso Nord lungo le coste dell’odierno Golfo di Botnia neppure per loro era consigliabile! A conti fatti perciò gli Scandinavi, in generale, guardavano con grande interesse a Sudovest o a Sudest…
Se nel Mare del Nord si offrono coste ben frequentate da commercianti con centri ricchi navigando verso sud o sudovest (il Regno Franco), nel Baltico non c’è molto: né grandi insediamenti né città sontuose data la densità abitativa rivierasca bassissima. Ciononostante dobbiamo chiederci: Quale ragione ineluttabile poteva spingere questi arditi a lasciare casa propria per vagare in terra straniera? Era solo avidità di ricchezza o che altro? E in quanti si muovevano?
Prima però vediamo di conoscere un po’ meglio il Baltico. E’ un mare interno pienissimo di isole, quasi come l’Egeo, e dunque è facile da attraversare cabotando fra un’isola e l’altra! Non c’è neppure bisogno di navi attrezzate per le tempeste “oceaniche” o per le lunghe traversate. Le famose impressionanti e enormi navi “vichinghe”, i knörrar o i drakkar trionfali, qui erano navi superflue! Un qualsiasi navigante alla ricerca di avventure partendo dalla Svezia non aveva difficoltà ad approdare sulle coste di fronte a lui, come fanno ancora oggi i suoi epigoni con le popolarissime barche a vela, senza dover necessariamente armare costosi mezzi marittimi… Le grandi navi ritrovate dagli archeologi danesi e svedesi e ricostruite nei musei nordici, erano più necessarie sull’Oceano che non nel Baltico e, figuriamoci poi, lungo i fiumi russi! Orbene noi pensiamo a piccole bande di armati i quali, partendo dall’Uppland dove oggi c’è Uppsala o da Sigtuna sul lago Mälar, a poche miglia in mare aperto trova subito la grande isola di Gotland o, un po’ verso Nord, le isolette chiamate oggi Åland per giungere alla costa finlandese. Verso Sud invece, s’incontrano già la Curlandia e le isole che chiudono il Golfo di Riga e ancora dopo, qualche miglio più avanti, si entra nell’odierno Golfo di Finlandia per giungere così alle isolette che sbarrano il porto della moderna San Pietroburgo. Superate quelle, si è già vicinissimi al lago Nevo (oggi lago Ladoga).
Non solo! Quando l’avventura dei Variaghi è meglio documentata per le Terre Russe nel IX sec. la situazione “politica” delle coste dipendeva ancora dalle “voglie” dei Vendi (in questo etnonimo sono conglobati gli slavi occidentali presenti nel bacino dell’Elba e della Vistola fino al mare) già a partire dall’arcipelago danese, ossia da Lubecca, fino alla Curlandia. I Vendi avevano un santuario nazionale ad Arkona nell’isola di Rügen e difendevano perciò le loro terre dagli intrusi con le armi e le imboscate (e questo fino al XII-XIV sec.) persino ricorrendo a curiosi espedienti (). Arenarsi sulle loro spiagge era molto pericoloso perché c’era il rischio, mentre si facevano i tentativi di rimettere la propria barca in mare, di essere improvvisamente circondati dai Vendi, solitamente in agguato fra gli alberi fitti presenti a venti o trenta metri dal bagnasciuga! Si veniva spogliati letteralmente di tutto e poi, fatti prigionieri, si era venduti schiavi nel sud! In altre parole era preferibile continuare la navigazione fino a passare l’ultimo grosso avamposto slavo-vendico di Ventspils (oggi in Lettonia) e avventurarsi fra i più timidi e meno numerosi, ma sconosciuti, Finni più ad Est…
Questi sono i frequentatori medievali più assidui del Mar Baltico: Vendi, da una parte, e gli Svedesi chiamati Variaghi e presunti fondatori del primo stato russo, dall’altra! I Vichinghi invece non ci sono…
Abbiamo parlato di piccole bande perché non abbiamo prove, dopo la vera e massiccia migrazione dei Goti partiti dalle stesse lande nel II sec. d.C., di spostamenti esodali dalle coste svedesi verso il Sud. Occorre aggiungere però che, sebbene le condizioni geografiche dell’ambiente attraversato dai Goti fossero molto cambiate nel VIII-IX sec. d. C., le sollecitazioni che spingevano i nordici verso le coste baltiche meridionali e orientali rimanevano più o meno quelle che avevano provocato l’antica migrazione gotica: Il miraggio del ricco e caldo Sud! I Vichinghi norvegesi cercavano la stessa cosa, ma navigando verso la Scozia e in modo diverso nella realtà delle azioni da quello dei Variaghi svedesi e dall’altro lato d’Europa. Sappiamo bene che è difficile separare i Norvegesi dagli Svedesi in base a costumi e lingua ancora oggi né è questa la sede per una discussione approfondita su questo punto, ma siccome il nome Vichinghi o, rispettivamente, Variaghi è stato loro attribuito da altri non scandinavi, è importante poter ricostruire le differenti prospettive rispetto a questa parte di storia europea. Ciò ci aiuterà a capire meglio le vicende che narreremo su questa straordinaria città che è Monsignor Grande Novgorod…
La parola Varjago ci dà il primo indizio! Ha un etimo norreno (nome convenzionale che si dà alla lingua svedese-norvegese-islandese nei primi tempi della sua esistenza parlata) nella parola væringr e significa colui che ha fatto un patto o meglio chi ha un contratto d’ingaggio e, sottolineiamo, questa parola è più tarda rispetto alle origini della storia russa e dunque alla fondazione di Novgorod. Il termine appare intorno all’XI sec. presso il cronografo greco Kedrenos nel 1034 col significato di Guardia del corpo dell’Imperatore ed è applicato genericamente ai gruppi armati di gente del nord (). E’ evidente, secondo la nostra lettura, che le Cronache Russe errano (sono state scritte molti anni dopo gli avvenimenti della famosa Chiamata di Rjurik), nell’elencare i Variaghi come un “popolo” del Baltico, visto che un popolo non sono! E’ soltanto la necessità del monaco cronachista di far rientrare queste persone così diverse nell’elenco delle genti disperse dopo la Torre di Babele in cui un “apolide” come uno svedese fuggiasco è inconcepibile se non fa parte di un popolo biblico e se non appartiene a nessun’altra schiatta già nota nelle Scritture. Sottolineiamo così ancora una volta per non deviare il nostro lettore lungo sentieri errati che non è mai esistito un “popolo variago” alla ricerca di una terra dove fondare una nazione nuova e perciò neppure la ricerca di un unico focolaio d’origine dei Variaghi nella costa svedese ha ragion d’essere!  Erano forse degli emarginati o dei fuori-legge che non avevano altra alternativa se non darsi all’avventura in mare raccogliendosi in bande armate organizzate per imprese di saccheggio. L’impresa doveva fruttare tanta ricchezza da poter tornare in patria a riprendersi un posto sociale nella comunità, migliore di quello che avevano lasciato, altrimenti era inutile ritornare a casa.
Da quel che i mercanti (quasi sempre ebrei) raccontavano a Birka, in Svezia, sull’esistenza dell’altra Roma (Costantinopoli) e delle capitali musulmane altrettanto grandi e magnifiche si creerà un mito che, secondo noi, risulterà molto accattivante quando gli Svedesi capiranno di trovarsi geograficamente più vicini di altri a queste città ricchissime… sempreché si riuscisse ad individuare le strade più corte per giungervi. Qui nel Nord arriverà persino l’informazione che ci siano possibilità di essere ingaggiati a far da scorta armata a convogli commerciali oppure a diventare guardie ben pagate di re ed imperatori o ancora a far da truppa speciale nelle spedizioni guerresche dell’Impero Romano…
Dove trovare un mondo migliore per vivere invece di restare in questa dura e precaria Isola Scandinava? Come un qualsiasi avventuriero disperato o deciso a dare una svolta alla sua vita, il Variago (ormai chiamiamolo così) intraprendente cerca perciò un futuro più agiato e l’unica cosa che sa far meglio e che è pronto ad offrire è la sua abilità nella lotta armata (anche per ragioni di dimensioni corporee e visto che è sempre descritto () come un giovane in ottima salute e ben in forze). Attenzione però, qui si parla di guerra non come la intendiamo noi oggi, ma dell’arte di battersi nel corpo a corpo… a parte poi il diritto al saccheggio dei beni del vinto o della schiavitù del vinto stesso, se è ancora vivo ().
A questo punto abbiamo pensato che fosse utile rivisitare una spedizione variaga nelle Terre Russe proprio per poi riviverla meglio quando parleremo dei traffici novgorodesi. Ecco allora qui di seguito il quadro che abbiamo ricostruito.
A capo della banda c’è uno che comanda e organizza, il cosiddetto kuningas (di qui verrà il titolo russo rjurikide knjaz) o sedicente nobile (), che sa dove andare e che cosa fare, che ha raccolto le notizie e le informazioni su un certo luogo dove si trova un certo bottino. Naturalmente per essere della partita occorre accettare la vara ossia i vincoli di un contratto. A proposito! Nel gruppo non sono ammesse volentieri le donne, salvo talvolta quelle del kuningas
Se una banda può disporre di una guida esperta della via da seguire già a bordo, tanto meglio. Magari si può tentare di passare fra le isole (oggi) estoni (Saare- e Hiu-maa, soprattutto) che chiudono a nord nel cosiddetto Stretto di Irben l’enorme “lago di mare” che è il Golfo di Riga. Costeggiando verso sud infatti si trova un primo approdo alla foce della Dvinà (chiamata dai lettoni Daugava) per risalirla ed entrare nelle Terre Russe. Attenzione però ai Vendi a guardia dello stretto! Dunque è meglio saltare questo approdo e si prosegue lasciando le isole estoni a tribordo. Si giunge così alla foce della Narva (fiume non lontano da Tallinn odierna) che non è molto bene in vista dal mare, ma che è l’unico accesso verso il grande lago Peipus (o, come lo chiamano i russi “dei Ciudi” e “di Pskov”) per giungere fino a Pskov (anticamente Pleskov) da dove si può proseguire verso Sud. Neanche questa però è una rotta molto battuta…
Rimane l’ultima spiaggia, ossia entrare nel Golfo di Finlandia e procedere fino alla foce della Nevà! Mantenendosi più o meno al centro della corrente (la Nevà non ha molti meandri e i suoi pochi affluenti sono facilmente distinguibili dalla presenza di fitti canneti) si evitano facilmente pericoli o agguati, sebbene non si sia vista un’anima viva finora! Neppure oggi vive molta gente nella cosiddetta Ingria (Ingermanland in norreno e Izhora in russo) che oggi è la Leningradskaja Oblast’ o provincia di San Pietroburgo.
Alfine si entra nel lago Nevo e, aggirata una specie di penisola abbastanza elevata, si è alla foce del Volhov. Perché ci si ferma qui? Evidentemente perché si sono scorti i fili di fumo che salgono dalle case del villaggio su palafitte dei Finni locali sulla riva opposta del fiume ed oltre questo approdo non è permesso andare. Oggi qui, a Ladoga Vecchia (Stàraja Làdoga), c’è una fortezza che è la ricostruzione (del XV sec.) di quella costruita in mattoni e pietra nel 1114 – l’unica dell’epoca dove si cominciarono ad usare tali materiali () – ed essa dovrebbe trovarsi proprio sulle rovine del vecchio approdo, alla confluenza del fiumiciattolo Ladozhka nel Volhov. Le tracce della postazione antica sono comunque più tarde di quelle del villaggio finnico di fronte a conferma che i Finni erano presenti lì molto prima dell’arrivo degli Svedesi e degli Slavi. Anzi! L’archeologia ci dice che i tre gruppi etnici vivessero separati, ma abbastanza pacificamente vista l’assenza di tracce  di una conflittualità permanente e che, non essendosi trovate tracce indicanti un consumo continuativo di alimentari, il numero di abitanti variava di stagione in stagione ().
Qui giunti, occorre ora decidere il da farsi perché il tempo stringe e, se si vuole proseguire per il sud, sarà meglio affrettarsi, prima che il duro inverno ostacoli il ritorno. Dobbiamo tener presente che le visite a terra di queste bande rispettavano sempre delle date precise per non incappare nel ghiaccio invernale o nella fanghiglia primaverile delle piste forestali (in russo rasputìza) e quindi se si partiva un certo giorno dalla costa svedese occorreva prevedere di tornare in un cert’altro giorno per non rimanere bloccati dai capricci della stagione. Possiamo pensare che più o meno il periodo, per la regione che ci interessa, era lo stesso del calendario marittimo adottato dall’Hansa nel quale, ammesso che non ci siano stati mutamenti notevolissimi del clima fra il IX e il XV sec. d. C., si prevedeva la chiusura dei traffici fra Novgorod la Grande sul lago Ilmen’ e Lubecca a San Martino (11 novembre) lungo proprio quest’antica rotta variaga ()…
Ed ecco l’altra domanda alla quale ancora rispondere: Quali prospettive realistiche si offrono al Sud?
Certamente il traffico Nord-Sud non era cosa nuova nel Baltico e dintorni giacché già Tacito secoli prima ce ne parla a proposito dell’ambra e dell’avorio (), quest’ultimo sia fossile dai mammut sotto il ghiaccio sia dai trichechi dell’Artico ottenuto dai Finni (gli Aestii?). Gli informatori locali però serbano una sorpresa: Risalendo il fiume si arriva al lago Ilmen (o Ilmer) che è a due passi dalle sorgenti del Volga, del Dnepr e della Dvinà di Polozk! Dicono anche che lì vicino, sulle rive nord del lago, c’è un ottimo posto dove si fa un’ottima compravendita dei prodotti costosi come le pellicce di zibellino. Questa è una buona notizia perché è un indizio sicuro che si è presa la direzione giusta verso le città ambite! Inoltre le informazioni già preavvisano il kuningas che recarsi a Costantinopoli o a Baghdad occorre avere, non solo merce da scambiare, ma anche le relazioni necessarie (accordi, salvacondotti, mercanti riconosciuti, concorrenza etc.) per poter percorrere senza grandi intoppi il lungo itinerario irto di punti daziari in mano a genti solitamente ostili agli estranei. Tenendo presente questo affrontiamo il viaggio verso l’interno.
La risalita controcorrente del Volhov è di ca. 200 km e si presenta abbastanza difficile perché il fiume in questo periodo storico (IX sec.) era in magra da molti anni e dunque presentava delle irte rapide fra cui la prima era proprio alla foce. Per inciso precisiamo che da questa situazione nasce il toponimo slavo Ladoga (Aldeigja in norreno) derivato a sua volta dal finno-carelico Alode Jogi (da cui Alde-igja) ossia Fiume con basso fondale (). Ciò riconferma che l’abitato era, come al solito, molto misto, quanto a etnie presenti.
Il viaggio però è difficile se non ci si procurano delle barche senza chiglia (strug o paròm o natante simile) perché, a causa dei molti trasbordi, quelle usate qui sono le uniche agevoli ad essere trascinate sul terreno con l’aiuto dei cavallini locali e con i rulli di legno che si pongono sotto lo scafo senza doverle scaricare () o persino caricandosele sulle spalle (quando sono vuote nei viaggi di ritorno). Finalmente, superate le rapide, usando delle lunghe pertiche che tengano le barche al centro della corrente, proseguiamo.
E’ inteso che si può andare avanti soltanto accordandosi coi Finni (che le Cronache Russe chiamano genericamente Ciudi o talvolta Vesi) e con gli Slavi locali. Non è perciò plausibile che i Variaghi ricorrano all’assalto o alla distruzione dei villaggi degli autoctoni perché, se agissero in tal modo, ricaverebbero un bottino misero e soltanto per una volta e, in più, incontrerebbero la disapprovazione slava. Occorre abbandonare una filosofia della violenza in queste circostanze, al contrario dei Vichinghi della stessa epoca! Sarà un’evoluzione difficilissima, ma necessaria che porterà in seguito alla formazione di una classe di mercanti novgorodesi squisitamente nemici dei conflitti…
La prima tratta che stiamo navigando passa per una landa veramente desolata e, malgrado ciò, è da notare una cosa che ne spiega tante altre più avanti: Le prove archeologiche relative ad una presenza scandinava più antica qui rispetto agli Slavi (oltre ad altre tracce “scandinave” lungo i fiumi fin nel Sud) suggeriscono che questa rotta (a partire da Novgorod la Grande) fu forse la prima frequentata dai Variaghi ()!
Dunque siamo arrivati alla Cittadella di Rjurik dove si trova il mercato. Qui l’archeologia ha trovato sulla stessa riva (di destra) una postazione slava posta su una bassissima elevazione del terreno e più a nord non molto lontano una postazione finnica, ambedue però quasi contemporanee.
Che intendiamo però per postazione, mercato, posto di scambio?
Sappiamo dalle Cronache Russe e da altre fonti che i Finni erano abilissimi a catturare gli animali da pelliccia con trappole apposite affinché il pregiatissimo pelo non si rovinasse. Con esse facevano scambio con il famoso metodo del “commercio muto” contro derrate alimentari di origine agricola che di solito gli Slavi portavano dalle proprie coltivazioni più meridionali. Altri articoli di scambio erano il miele e la cera che si raccoglievano invece nelle foreste più fitte dell’odierna costa Baltica e delle Paludi del Pripjat’ poco a nord di Kiev. Per quanto riguarda poi gli schiavi, altro articolo commerciale importante per i quali tutta l’area diventò notissima nei paesi musulmani, sappiamo poco sebbene è immaginabile che le famiglie che vivevano di limitate risorse non esitavano a cedere i propri figli (bocche in più!) ai mediatori sperando in una vita migliore all’estero per i loro ragazzi (). Più o meno come si fa oggi, ma sotto altre denominazioni…
Ebbene tutte queste “merci” (insieme con altre che qui  momentaneamente tralasciamo) venivano ben impacchettate e caricate sulle dette imbarcazioni. Ogni tanto ci si riposava per la notte proprio sui posti di passaggio da una corrente all’altra (spartiacque o vòloki) e qui ci si rifocillava (e non solo, se pensiamo all’accogliente presenza di giovanette e giovanetti che andavano in schiavitù) prima di ripartire.
Se leggiamo poi meglio le fonti, apprendiamo pure altro. L’élite kieviana al potere quando la frequentazione variaga nelle zone settentrionali si fece preoccupante (in pratica dalle sorgenti del Dnepr le bande erano già una minaccia per la città ucraina situata più a valle) deve aver mandato immediatamente gente (gli Slaveni/Sloveni) per colonizzare massicciamente la regione e metterla meglio sotto controllo (sec. X sec.)! In realtà gli Slavi erano arrivati in questo semideserto del Nord molto prima, ma si erano attestati più numerosi in luoghi alquanto periferici rispetto all’area novgorodese. I colonizzatori erano giunti sulle rive del lago Ilmen (lo prova la presenza della cittadina slava che porta il nome di Rusa, oggi Stàraja Russa) e lì si erano attestati. La collocazione è forse spiegabile, come avevamo accennato prima, col motivo già individuato nel XIX sec. per cui gli Slavi, da contadini quali erano, non si spinsero oltre perché il clima non favoriva le loro coltivazioni tradizionali. In seguito forse, a causa del regime variabile del lago che a volte invadeva i terreni sulle sponde impantanandoli per chilometri si cercò di integrare il regime agricolo con quello di raccolta nelle foreste a nord e ci  si incontrò più intimamente coi Finni locali. Questo spiega la presenza del santuario del dio balto-slavo Peryn (Perun, che incontreremo più in là) ritrovato dagli archeologi sulla sponda nord di fronte alla Cittadella di Rjurik.
Kiev manovrava in qualche modo tutto questo, ma interverrà direttamente soltanto quando l’interesse per le merci “settentrionali” crescerà a seguito della domanda in aumento nei mercati di Baghdad, Costantinopoli e Cordova e, probabilmente, sollecitati dai Cazari che spadroneggiavano sul Volga inferiore e tenevano in soggezione le colonie slave.
Evidentemente l’intervento kieviano previsto (chissà poi quale) era fallito. D’altronde era logico. Qui era ancora terra vergine, non c’erano stati che discutevano per accordarsi o che scendevano in guerra per conquistarsi l’un l’altro. C’erano soltanto villaggi sparsi e leghe di tribù occasionali e, nella buona stagione… le temibili bande variaghe!
Questo perciò è il quadro entro cui si muove l’attività dei Variaghi e, al di là della Chiamata, cerchiamo il loro vero peso storico e i loro veri legami con il soggetto centrale del nostro racconto cioè Novgorod la Grande.
Ed eccoci tornati all’enigma del nome: Novgorod!
La prima menzione che noi abbiamo della città col suo nome attuale è di Costantino VII Porfirogenito intorno alla metà del X sec quando, come Naugard, la nomina nel suo De administrando Imperio ().
Per quanto riguarda le Cronache Russe invece, dobbiamo ribadire che ufficialmente esse si scrivono intorno al tempo di Jaroslav il Saggio (sec. XI) e non soltanto a Kiev, ma anche a Novgorod (e qui forse anche qualche tempo prima, benché non prima degli inizi del sec. XI). In esse si parla di questa regione per l’anno 859 quando si dice che i locali Sloveni, Krivici e Meri pagano un tributo ai Variaghi che dominano nel Nord, mentre i Cazari lo riscuotono dal Poljani (Kiev), Severjani e Vjatici a Sud. Poi per l’anno 862 quando Novgorod è nominata in relazione alla Chiamata di Rjurik… Da quel che abbiamo detto sulle Cronache ciò non prova che la città esistesse già e dunque ancora una volta c’è l’incertezza della fondazione dell’impianto abitativo cittadino.
Cerchiamo allora nelle tradizioni e ci accorgiamo che, come tutti i luoghi famosi ed antichi, anche per la nostra città circolarono delle leggende e noi ne riportiamo qui una curiosa presente in un florilegio (antologia) russo del 1665, ma risalente a tempi molto antichi (). Si racconta che due fratelli, Sloven e Rus, lasciato il Mar Nero (o degli Sciti, così gli Slavi orientali erano chiamati dai Greci del tempo) con le loro genti si misero alla ricerca di un posto dove stabilirsi, puntando in tutte direzioni. Finalmente dopo 40 anni di peregrinare nel nord, raggiunsero un grande lago sulle rive del quale decisero di stabilirsi. Al lago dettero il nome della loro sorella Ilmer e sulle rive del fiume che scorreva verso nord edificarono una città a cui dettero il nome del maggiore dei fratelli, chiamandola perciò Slovensk la Grande, cioè Novgorod. Il racconto chiude questa parte con la frase “…da allora gli Sciti che vennero da queste parti si chiamarono Sloveni…”
Un’altra tradizione, forse però più logica, attribuisce la fondazione della città ai Pruzzi (Prussiani baltici che forse qui risiedevano, sebbene risulti una posizione troppo lontana dalla loro sede tradizionale) e, come prova che tale versione fosse la più affidabile, informava che nel cantone dei Liudi esisteva una via che da sempre si chiamava Prusskaja ossia Via dei Pruzzi
E nelle saghe scandinave? Novgorod qui è chiamata Holmgårdr… Probabilmente le saghe non si riferiscono alla città in sé che forse non c’era ancora al momento della loro concezione. Holm in norreno significa isoletta in mezzo al fiume e gårdr recinto fortificato, ma soltanto la Cittadella di Rjurik è assimilabile a un tale toponimo, sebbene in città successivamente Holm indicasse anche il Cantone detto degli Slavi (in russo Slavjanskii Konec)!
Alcuni viaggiatori del sud musulmano-persiano nominano nel X sec. d.C. una Città degli Slavi nel lontano nord (Madinat us-Salabijat osemplicemente al-Islauijat) o un Paese degli Slavi (Bilad as-Saqalibat) da dove provengono schiavi bellissimi e pellicce di pregio () ed anche questa città/regione non può essere che Novgorod degli Sloveni. Al-Idrisi il famoso geografo che disegnò nel XII sec. la carta del mondo per il re Ruggero di Palermo, nella zona dove dovrebbe trovarsi più o meno Novgorod annota un toponimo leggibile come an-Nibariya (traducibile a nostro avviso come Centro Commerciale)e, a nostro avviso, indica la regione in esame (Al-Idrisi ha addirittura sulla stessa carta Ladoga col nome “norreno” di Aldiga).
Oltre a queste notizie c’è poco altro. Ad esempio, sebbene nella Vita di san Giorgio di Amastride (di produzione bizantina, ma esistente solo nel testo russo-antico) si racconti del saccheggio della chiesa del santo (sulla costa anatolica) da parte di un principe russo a nome Bravlin da Novgorod agli inizi del IX sec., la notizia è inaffidabile giacché la provenienza risulta un’aggiunta successiva. Dobbiamo dunque tornare alle Cronache Russe o fare un’altra ipotesi.
Se teniamo presente che il IX sec. è ancora un secolo di paganesimo per il Grande Nord d’Europa, possiamo figurarci la fondazione di una città nuova presso gli Slavi, o presso qualsiasi altro popolo dell’area, come una questione religioso-rituale molto importante. Orbene, siccome in questo periodo del IX sec. è tutto un “nuovo fiorire” di città lungo le coste baltiche (), anche Novgorod entrerebbe in questo quadro storico in cui, peraltro, si tratta di creare un nuovo primo stato organizzato con riflessi politici su tutto il Baltico!
Salvo Ladoga, all’archeologia non risulta un posto abitato anteriormente ben preciso né la tradizione ha conservato notizie di una qualche migrazione da altre città per venire a fondarne qui una nuova, salvo che Novyi-gorod, come in realtà suona il nome primitivo, non sia una denominazione augurale. Se accettiamo questa idea, il toponimo allora fissa il ruolo futuro della città!
E forse proprio questo volevano esprimere i capi delle élites locali, secondo quanto dice Janin, archeologo e grande conoscitore di Novgorod. Il nostro autore suggerisce che la nuova circostanza che spinge alla nascita fisica della città è la decisione di abbandonare la zona da parte del variago Oleg, dopo la morte di Rjurik, mettendosi in viaggio verso Kiev con il figlio del defunto a nome Igor.
Dagli scavi fatti in città (ma anche nei dintorni) a partire dal 1932, poiché tutta una serie di condizioni fisico-chimiche del suolo argilloso hanno conservato molti oggetti seppur di legno, sono riconoscibili e databili col metodo del Radiocarbonio i resti di tre Cantoni (konéz in russo) ben separati l’uno dall’altro da canali che dovrebbero corrispondere ai tre agglomerati etnici di cui abbiamo detto e ridetto sopra. E gli abitati sono sicuramente contemporanei con il Detinez (ossia il Deposito Fortificato nel dialetto russo locale) che vagamente si può assimilare al Cremlino tradizionale russo, come solitamente si fa. Dunque Slavi, Finni e Balti dopo essersi accordati fra di loro, ormai liberi da vincoli, mettono mano alla costruzione del Detinez di Novgorod e la città è fondata nel modo più canonico.
C’è però altro. Dall’osservazione dei piani delle altre città slave (), possiamo rilevare una certa differenza fra quelle erette in area occidentale (Volin, Stettino fra le altre) e quelle in area orientale (Polozk e Pskov principalmente). Il tipico abitato slavo-orientale era di solito costituito dalle case delle grandi famiglie contadine allineate lungo una strada con i terreni coltivati alle spalle delle case stesse mentre poco lontano, su un’elevazione pronunciata del terreno, si collocava un santuario dedicato al dio della stirpe, Rod, e agli altri dèi dei diversi clan componenti (). Il santuario (kapisc’c’e) naturalmente circondato da una palizzata di fortificazione era prima d’altro un luogo di festa e di esaltazione dell’unità di parentela dei villaggi che vi facevano capo durante tutto l’anno, ma diventava anche deposito di derrate in caso di momenti difficili. A volte si trasformava persino in un rifugio in caso di attacco nemico poiché era accessibile soltanto da un lato e per il resto era completamente circondato dalle acque dei fiumi. E’ chiaro che questa planimetria non solo si adattava di volta in volta alle esigenze del terreno, ma soprattutto dipendeva dalla decisione degli dèi di concedere e di proteggere il nuovo “universo” creato dall’uomo! E, com’è naturale, ciò richiedeva cerimonie abbastanza elaborate per la ricerca del sito giusto che gli dèi concedevano ()…
La disposizione descritta sopra è l’ideale dedotta dai vari scavi fatti finora e tuttavia quella di Pskov, di Polozk ed altre città del Nord russo vi si avvicinano molto: Sorgono costantemente alla confluenza di due fiumi ed hanno gli adattamenti fortificati necessari, in caso di attacchi militari. E’ uno schema che diventerà successivamente il modello tipico delle città (gorod) con Cremlino al centro e case abitate (posad) intorno nella Russia del Medioevo. Nel caso di Novgorod il disegno della città, la scelta del luogo pianeggiante, il fiume che l’attraversa e non l’abbraccia, la mancanza del posad ed altri particolari sono invece atipici…
Abbiamo persino notato dei parallelismi con la nuova Baghdad di al-Mansur eretta verso la fine del VIII sec. d.C. () al posto di un vecchio impianto fortificato sasanide e che ricevette auguralmente il nome di Città della Pace ossia Madinat us-Salam. Aveva una cittadella, al centro della quale si trovava il palazzo di al-Mansur con la moschea principale e un muro tutt’intorno. Al di là di questo c’era un'altra fascia circolare di terreno in cui si trovavano i palazzi dei notabili e dei parenti, circondata pure da mura circolari. Quattro strade attraversavano la Città Rotonda e sboccavano all’esterno delle due cinte in altrettante porte. Fuori delle mura, a sud, c’era il Mercato (al-Khark) e il fiume Tigri la costeggiava ad est. E’ una soluzione abbastanza diffusa nel mondo persiano e, quel che è strano, Novgorod coincide su parecchi di questi tratti, sebbene non proprio nell’impianti originario, ma in quello dei secoli successivi. Attenzione! Le similitudini possono non essere casuali poiché il mercato che i novgorodesi frequentarono per buona parte della loro storia, era Baghdad! Se a questo aggiungiamo che era proprio nella democrazia oligarchica di questa città discutere e decidere collettivamente, possiamo benissimo pensare senza scandalo che, magari con l’aiuto di esperti stranieri (Alani? Rahdaniti?), nello sviluppo successivo della città si erano assimilati principi di pianificazione del territorio di origine persiana nel lungo termine.
Un impianto di questo genere possiamo chiamarlo con la definizione tecnica datagli da Al-Idrisi: Centro logistico, poiché qui, non solo ci si incontra per far mercato, ma si gestiscono anche depositi custoditi e attrezzati. E, data la natura prevalentemente stagionale dei traffici, questo spazio non ha ragione di essere abitato per tutto l’anno, se non per ragioni di sicurezza.
Intanto alla fine del IX sec. s’intensificano e si complicano i traffici internazionali europei ed extraeuropei e la richiesta delle merci “settentrionali” aumenta e di conseguenza, ritornando un istante su questo punto, ci accorgiamo che i mercanti del Baltico pur continuando a coprire la domanda del continente con i viaggi verso Birka/Björkö, ora si rivolgono con maggior profitto verso il Sud. Di qui la necessità di avere delle forniture continue e di maggior volume. Le merci “settentrionali” sono già acquisibili fra i Bulgari dell’Oka, parzialmente soggetti ai Cazari anch’essi, ma la concorrenza del Nord comincia a farsi sentire e evidentemente la raccolta e la produzione del Volga fino a questo momento non basta più. D’altronde questo intacca pure gli interessi globali del grande Impero Cazaro che controlla (o cerca di controllare) tutte le vie d’acqua che sboccano nel Caspio e nel Mar Nero e, godendo dell’incremento di questi traffici, sta vivendo in questo periodo il suo boom economico e culturale (). 
Di qui parte tutta una serie di iniziative come la leggenda della Chiamata. Arriva Rjurik e i suoi armati con due altri fratelli che vanno ad occupare rispettivamente: Sineus, il territorio di Lagobianco (Belo-ozero) più a Nordest, e Truvor, Izborsk, su un fiume che sbocca poco lontano a nordovest di Pskov nel lago omonimo. I due fratelli moriranno e il sopravvissuto Rjurik s’impadronirà dei loro territori e finalmente si trasferirà alla Cittadella, lasciando per sempre Ladoga.
Il nucleo cittadino di Novgorod nasce perciò come Centro Logistico per soddisfare tutti questi interessi messi insieme e il suo spazio è pianificato in loro funzione quando finalmente si mette mano ad organizzare la nuova città. Si pone il primo problema: Con chi popolarla? E qui nelle nostre fonti esiste un po’ di confusione. Leggiamo che, prima che Novgorod nascesse, la gente che viveva a nord del lago Ilmen era divisa in tre “agglomerati” abitati rispettivamente dagli Slaveni, sulla riva destra del fiume, dai Liudi (altra gente finno-baltica),  sulla riva sinistra, e  dai Nérevi (una gente finno-baltica) anch’essi sulla riva sinistra. Le genti soggette ai Variaghi erano i Ciudi, gli Sloveni e i Meri, ma poi troviamo menzionati anche i Krivici (balto-slavi) e i Vepsi o Vesi (finno-balti). Concludendo, c’erano varie genti, principalmente di tre etnie, Finnica, Baltica e Slava che vivevano per loro conto. In virtù delle nuove circostanze, queste genti sono coinvolte nel progetto di sfruttamento dell’entroterra voluto dalle rispettive élites e sono ammesse a mettere insieme il nuovo centro politico per riuscire così a governare…
Qui ci sono alcune incongruenze e ci viene il sospetto che la morte di Sineus e Truvor come pure la “fuga” di Oleg e Igor non siano che il risultato finale di faide fra bande “mafiose” una volta alleate addirittura con gli stessi locali.
Siccome abbiamo parlato di bande “mafiose” e abbiamo detto che la Chiamata è una leggenda, a questo punto serve sapere qualcosa di più sull’argomento. A quanto ne sappiamo le bande sul Baltico sono tante e nascono armate sia per iniziativa di qualche intraprendente con lo scopo di riuscire a sistemarsi per tutta la vita nella ricchezza sia per opera di stessi principi rivieraschi, slavi o svedesi, ma sempre a scopo di rapina.
Le bande variaghe in particolare, una volta resesi conto delle situazioni nel Grande Nordest, se rinunciano al saccheggio improvvisato, hanno due possibilità: 1. impiegarsi come scorta con ingaggio stagionale per i convogli che partono per il Sud via fiume e 2. rifornirsi di merci e dirigersi autonomamente ai mercati del Sud. Per quest’ultima ipotesi, ripetiamo ancora una volta che ciò significherebbe o scambiare quello che si ha (e le bande non hanno niente di commerciale) oppure depredare con la forza quello che non si ha! La seconda soluzione potrebbe essere applicata più facilmente visto che i Variaghi hanno le armi e la forza fisica, ma è senza sbocco poiché l’azione predatoria può riuscire una volta, ma non una seconda giacché tutto l’ambiente si ritorcerebbe ostilmente e addirittura verrebbe preclusa loro la via dell’eventuale ritorno! Occorrerebbe poi rompere tutti i possibili impedimenti lungo le rotte e qui s’incontrerebbe l’opposizione delle altre bande variaghe presenti che hanno lo stesso traguardo e degli Slavi locali che lì vivono. D’altronde è escluso che si possa proseguire sui fiumi con azioni bellicose in ogni punto daziario. Sul Volga ci sono gli armati della Grande Bulgaria e quelli dell’Impero Cazaro, molto più forti e più organizzati. D’altronde neppure gli intermediari che gestiscono i traffici si possono sottoporre a costrizioni, se si vogliono realizzare dei guadagni sicuri e quindi occorre rassegnarsi a scegliere di far da scorta e ad essere pagati alla conclusione del viaggio.
Vediamo ora gli itinerari e la logicità della loro esistenza.
Il primo che restò in funzione per moltissimo tempo (fino al XVI sec.) è quello lungo la Dvinà di Polozk gestito dagli Slavi Krivici (Polociani, erano chiamati quelli di Polozk) attestati molto all’interno rispetto alla foce del fiume. Tale posizione altresì si spiegava con motivi sia ambientali sia di spazi coltivabili. I motivi ambientali erano dovuti al fatto di aver trovato la regione già occupata dai Baltici Pruzzi e Jatvjaghi (insieme con altri) affini per lingua agli Slavi stessi, ma abbastanza lontani per cultura. Nell’archeologia locale ciononostante non s’evidenziano tracce clamorose di conflittualità e quindi possiamo pensare che queste genti riuscissero a convivere e a mescolarsi senza litigare. 
Le bande variaghe erano pure presenti lungo la Dvinà e a Polozk (Polotesk) e la loro presenza risulta anteriore qui alla fondazione di Novgorod e non sembra imposta con la forza, secondo i reperti archeologici. Continuiamo il viaggio allora. Da Polozk si risale la Dvinà fino all’altezza del lago di Lepel’. Dopo aver percorso un breve volok (spartiacque, dove appunto le imbarcazioni venivano tirate a secco e trascinate da una corrente all’altra sui rulli, come già accennato), si entra a Borisov dove c’erano le famose pietre moreniche –  valuny – ossia delle vere e proprie pietre miliari indicanti la rotta () e con su incisa una croce e una benedizione (oggi una di esse si trova spostata dal suo luogo naturale in mezzo al fiume e posta in un museo all’aperto). Dopodiché si è già sulla Berezinà che scorre nelle immense Paludi del Pripjat e si scarica nel Dnepr, non molto lontano da Kiev.
L’altro itinerario lungo la Narva (o, anticamente, Néreva) segue il breve tratto di questo emissario del lago Peipus. Si entra nel lago attraversando il primo bacino o lago dei Ciudi, poi il secondo più piccolo e inframmezzato da isole o lago Caldo ed infine si prosegue per il terzo chiamato più propriamente lago di Pskov. Di qui si entra sulla corrente del fiume Grande (Velikaja). La si risale fino ad un volok che separa quel fiume dalla Dvinà.
Un altro ancora parte proprio da Novgorod, attraversa il lago Ilmen dirigendosi verso sudovest e entra in uno degli immissari del lago, la Lovat’, e risale fino alla cittadina di Holm. Qui c’è il volok che separa questa stazione da Toropez, sempre sulla Dvinà, per proseguire fino a Vitebsk. Di lì sul volok si passa ad Orscia e si è già sul Dnepr. Questa rotta è quella che le Cronache Russe chiamano la Via dai Variaghi ai Greci che però stranamente è nominata pochissime volte rispetto a quella che del Volga-Don. La Via dai Variaghi ai Greci rimase in auge finché Costantinopoli costituì il maggior mercato compratore delle merci russe. Successivamente, dapprima a causa della conquista della capitale dell’Impero Romano d’Oriente da parte dei Crociati nel 1204, la rotta decadde e, poi per le conquiste dei Tatari (Mongoli) nella steppa ucraina verso la metà del sec. XIII, cominciò a perse quasi tutta la sua importanza commerciale.
Ed infine c’è l’altra rotta detta la“Via dei Figli di Sem” (perché diretta verso i Cazari ebrei) che è storicamente la più importante dato che qui si svolsero le vicende più sofferte di tutta la storia russa ossia quella detta del Volga-Don. Inizia sempre dal Lago Ilmen’ e, percorrendo la Lovat’ e deviando prima di Vitebsk sul fiume Kasplija, ci si porta a Smolensk, si risale il Dnepr, che qui è ancora un fiume giovane perché vicinissimo alle sorgenti, e si giunge a Dorogobuzh dove, dopo aver superato il volok con l’Ugrà, si è già quasi sull’Oka che confluisce nel Volga chilometri avanti all’antico stato della città di Bolghar, capitale dei Bulgari della Volga-Kama. Si percorre il Volga fino al Grande Volok (oggi qui è stato scavato un canale navigabile) che avvicina i due fiumi, Don e Volga, e qui si può far la scelta di continuare per il Mar d’Azov verso il Mar Nero oppure verso il delta del Volga, sul Mar Caspio.
Tutta questa rete di vie fluviali (abbiamo tralasciato naturalmente tanti altri itinerari, anche via terra, percorsi di solito in caso di guerre locali o di altri problemi) deve essere tenuta libera da impedimenti e difesa () nel Nord… Da chi o contro chi? Ed eccoci arrivati al punto cruciale del nostro discorso.
Come abbiamo finora appreso, i Variaghi avevano imposto un tributo alle genti locali del Volhov, ma non per lungo tempo e, non appena questo regime diventò troppo esoso, tutti si erano ribellati e avevano ricacciato i Variaghi nel loro mare! Secondo noi, questo significa (lo ripetiamo) soltanto una cosa per le bande variaghe: o si rinuncia a fare i pirati “alla vichinga” o ci si adegua all’ambiente collaborando coi capi locali…
Dalle notizie che abbiamo, l’élite al potere a Kiev è slava, come pure negli altri insediamenti del nord: Polozk, Turov, Pskov, Rusa. Anzi! Costantino VII Porfirogenito ci dice genericamente che il nord della Pianura Russa era soggetto al principe di Kiev e che costui ne ritirava un tributo ogni inverno. In realtà però le vecchie città già esistenti erano delle vere città-stato che, più che altro, collaboravano con Kiev per i traffici e che conoscevano bene le bande armate presenti o per vari impieghi militari o per esercitare l’oppressione.
Le intromissioni variaghe sul lago Ilmen, a questo punto, urtano gl’interessi slavi, seppure questi sembrino qui gli ultimi arrivati. E’ vero che gli Slavi d’altra parte non sono gente d’arme e la maggior parte di loro sono contadini che risiedono qui tutto l’anno, ma ciononostante la loro élite ha tutti i contatti adatti per fare commercio col sud. A quel che sembra, i Balto-slavi ormai apparentati coi Finni formano la classe dominante e tutt’insieme si sono accorti che non è una cosa così facile scacciare una banda variaga giacché a quella ne segue subito un’altra, vista l’attrazione enorme che si è sviluppata per queste aree in questi anni nel Baltico (chiamato nelle Cronache per questi motivi Mar dei Variaghi). Tuttavia ora queste élites sono pronte ad impedire ogni ulteriore penetrazione, ma, siccome hanno bisogno di gente che si sappia battere (senza impicciarsi d’altro), sono disposte al compromesso. Insomma non c’è scelta! Occorre trovare da parte variaga un modus vivendi con gli Slavi e con i loro alleati, baltici e finnici, vantaggioso per tutti!
Le trattative con il presunto principe Rjurik, tornando alla Chiamata, noi le interpreteremmo come la formazione di una mafia che, a spese della gente soggetta, si sta creando un impero ricchissimo. Si potrebbe pensare che la Chiamata derivasse dalle dicerie che correvano sulla bocca di tutti su tali manovre politiche dei capi e che i preti le avessero saputo cogliere molto bene, per riportarle nelle Cronache dopo averle epurate a favore della dinastia che governerà il resto della storia medievale russa: i Rjurikidi. Chissà inoltre che, magari interpretandola lungo la via che abbiamo indicato, non si possa risolvere l’annoso problema se Novgorod esistesse già da tempo o fosse invece Kiev (o altri ancora) ad operare in questa parte della Pianura Russa.
Il problema in realtà è di natura squisitamente economica.
Già Kiev ha tentato di arginare ed impedire i commerci via terra, che scorrevano via Turingia () probabilmente a partire da Polozk, attraverso un’esazione invernale del “tributo” che l’élite kieviana intraprendeva con un lungo giro per setacciare tutte le tribù del Nord delle Terre Russe (Costantino VII Porfirogenito descrive questa raccolta col nome di poljudie o raccolta degli schiavi) giusto allo scopo di avere il monopolio di questi traffici nelle mani. Ora che, come sembra, si è sviluppato un nuovo centro di “raccolta delle merci settentrionali” è importante che questi flussi mercantili vengano anch’essi convogliati verso Kiev e non deviino nel Mar Baltico da Ladoga, come sta avvenendo adesso, e per questa ragione si è molto sensibili a qualsiasi mutamento che avviene nel Nordest e, soprattutto, si opererà affinché Ladoga perda la sua preminenza…
Questi sono gli interessi di Kiev, ma nel Nord anche i mercati del Baltico sono altrettanto importanti quanto quelli del Sud e così, se le bande variaghe devono essere sotto controllo, si esige soltanto che si trasformino da predoni in una vera e propria organizzazione di polizia privata: Manterranno l’ordine (ossia lo sfruttamento) e custodiranno le merci (compresi gli schiavi giovanetti, molto costosi) in un luogo sicuro per conto delle élites!
E il “tributo”? Se Kiev ha risolto questo problema con il poljudie – una vera spedizione armata con riscossione forzata durante l’inverno – ciò nel Nord non è fattibile perché le merci richieste sono raccolte in luoghi sconosciuti e impenetrabili. Secondo noi, i Variaghi di Rjurik imposero accordi del tipo: Noi vi difendiamo dalle altre bande variaghe e facciamo in modo che non penetrino più, ma voi, Slavi Balti e Finni, ci pagherete non più il prezzo della sola scorta, ma una cointeressenza nel traffico e nella vita politica. All’esazione e alla raccolta però pensateci voi! Questa fu l’unica legittimazione possibile del ruolo di Rjurik e dei suoi due fratelli giunti qui insieme con lui in quell’anno con una ben nutrita banda di armati (non più di una cinquantina di giovani al comando di ciascun fratello, comunque). La ricompensa è adeguata: Egemonia militare nel territorio e legami mafiosi con la lega dei capi slavi, finnici e baltici.


1. Staraja Ladoga 2. Rjurikovo Gorodisc’c’e 3. Novgorod la Grande 4. Pleskov (Pskov) 5. Uscita della Nevà dal Ladoga (Oresc’c’ek) 6. Jamgorod 7-8. Foce della Narva con le due fortezze di Ivangorod (est) e Narva (ovest)

Rjurik e la sua banda, d’altronde, non sono i soli ad essere presenti. A Polozk, come abbiamo detto, c’era già la banda del variago Kvillan che poi passerà il potere ad un altro a nome Ragnvald (in russo Rogvolod). A Turov dominava Tur (ossia Thor) e, come ci prova la Vita di Santa Olga (), persino a Pleskov (oggi Pskov) c’erano dei variaghi integrati ai balto-slavi locali.
Il biologo australiano Diamond ha chiamato cleptocrazia un sistema di dominio simile basato sull’alienazione forzata dei beni altrui da parte di un’élite armata () e ciò corrisponde molto bene a quella che conosciamo oggi in Europa sotto il nome siciliano di mafia. A nostro modo di vedere, i Variaghi avevano costituito un vero e proprio Racket Mafioso Variago convarie bande contrapposto a quello dei Vendi, probabilmente, come i più tardi Vitalienbrüder. Inoltre nelle Terre Russe in posti dove c’è la frequenza stabile di una banda, a meno di non volersi scontrare per una resa di conti, un’altra evita di penetrare. Forse il centro operativo era proprio Gotland, da dove appunto veniva Rjurik.
Così Sineus si stabilì a Lago Bianco (Bjeloje Ozero) e Truvor a Izborsk, nelle vicinanze di Pleskov (oggi Pskov) a sud del Lago Peipus (chiamato anche Lago dei Ciudi). Sineus e Truvor morirono prematuramente e Rjurik accentrò nelle sue mani il potere su tutta la regione.
Questa è più o meno la versione ufficiale ammessa nell’XI-XII sec. dalle Cronache Russe. Siccome in questo periodo il principe regnante era Jaroslav figlio di Vladimiro il Santo e giacché sappiamo che questi aveva degli interessi e dei legami molto forti con la Svezia (per parte di sua moglie Inghigherda), è legittimo il sospetto che tutta la sequenza degli eventi sia stata ricostruita in base alle particolari esigenze politiche di questo sovrano di Kiev, lui stesso… di ascendenza variaga!
In qualunque caso l’origine di Novgorod potrebbe essere quella venuta fuori dal nostro discorso senza alcun pentimento “storico-ideologico”, visto che quasi tutti gli stati medievali europei sono nati ed hanno consacrato le rispettive dinastie regnanti in modo simile…


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